COVID-19 STORY
Come dice Pirandello: l’unico modo per essere soli, nella vera solitudine, è sbarazzandosi del sé stesso, perché quando si è soli con sé stesso si è ancora in compagnia.
Le case, hanno la pancia stretta come quella del pescecane, nella quale fu inghiottito e costretto a vivere Geppetto e attorno strade, deserte come il mare, che possiamo solo ammirare dai balconi ma nelle quali non ci possiamo tuffare. Così inventiamo dei modi per ingannare il tempo in queste quattro mura, dove il silenzio è così fitto da sentirci veramente le branchie del pesce, anzi no, è il russare del vicino.
“A noi due, me stesso! Siamo rimasti soli, io e te, e dobbiamo trovare un compromesso in questa convivenza coatta! Giorni pari: io cucino e tu lavi i piatti, tu pulisci il cesso, io rifaccio il letto, tu il bucato, io lo stendo, tu lo stiri ed io mi offro volontario per uscire ogni dì a gettare il pattume da buon monnezzaro”. Su l’ultimo aspetto, lo ammetto, abbiamo avuto qualche screzio ma risolto in poco tempo.
Per la musica ci siamo accordati così: Anti Meridian decido io cosa ascoltare poiché più caciarone, musica più frizzante, lambruschina, da cantina come me, per affrontare la mattina; Post Meridian sceglie lui, la vena malinconica dei due. Sul cellulare non ci sono state discussioni, lui preferiva i libri.
I veri problemi sorgevano di notte. Mi tormentava con la storia degli amori ritrovati e poi persi, con le rime da appuntare proprio quando stavo nel sonno a crollare, sul dove andremo a finire ancor prima di partire e dove siamo finiti dopo essere partiti. Insomma, ogni volta era un pigiama party tra noi, sino all’alba.
Una notte esasperato gli ho urlato:
“Cristo, non fare la femminuccia! Abbiamo tutti i comfort, da bere e da mangiare, un letto, un tetto, la connessione cellulare. Ora dormi, ho una infinità di serie da guardare”.
La mattina successiva la moka non era sul fornello, le Gocciole sul tavolo non si presentarono, ma pensai, avrò confuso i turni del calendario e invece no, toccava a lui la colazione.
Scomparve per giorni e inizialmente fui contento di prendere ogni giorno in faccia quel vento di libertà, nella distanza che c’è tra il cassonetto e il mio appartamento, ma cominciai a sentirmi senza un’ala, un uccello in disequilibrio nell’affrontare la tramontana.
La stessa notte, insonne, lo riconobbi il suo sgomento, salire dalla pancia sino a farmi vibrare il mento.
“Bentornato, come stai?” gli chiesi
“Viviamo un periodo in cui è vietato dirsi ci incontriamo, ci accarezziamo, ci abbracciamo” rispose. “E’ concesso al massimo un ci sentiamo attraverso un mezzo. Eppure in questo momento che può sembrarci buio ci siamo da anni. Anche quando eravamo nei bar affollati, nelle ricche tavolate, nella follia dei concerti, sui divani davanti alla Tv e nei letti prima di addormentarsi, quando nessuno ci vietava il toccarsi. Tutti ammassati a strascico in questa rete che ci illude di essere vicini, in contatto senza avere un contatto di pelle. E in questa rete sono incappate tutte le vostre case pescecane nelle quali vi sentite liberi di essere, anche quando nessuno vi vieta di prendere il mare, sulla groppa di un tonno, per tornare alla spiaggia in cui un tempo alzavate gli occhi al ciel chiedendo una risposta, invece di cercarla a sguardo basso sul cell”.
Da questo momento, mi sono promesso, di essere sempre meno io e più me stesso.
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