
L’orizzonte degli eventi. 2018
Fotografie da display | stampe digitali (hd), supporto rigido | 25×33,3 cm ognuna
L’occhio della fotocamera si avvicina ad uno schermo in funzione catturando dettagli di immagini in movimento, mostrandone il sistema tecnico di riproduzione. La sorgente elettromagnetica utilizzata per trasportare informazioni, scompone la realtà in una fitta rete di fessure luminose, minuscoli punti che disturbano e confondono lo sguardo. Ogni legame con la concretezza è andato perduto, ed è per questo che la fotografia affida all’immagine un compito essenziale: indurre l’occhio alla ricostruzione di forme familiari, ad una nuova interpretazione del contenuto, in apparenza privo di significato. Ipotetiche linee di terra o di mare sono separate e allo stesso tempo unite al cielo da un orizzonte che, impercettibilmente, bilancia finito ed infinito. L’illusione di continuità dello spazio diviene ricerca della lontananza, ricerca in cui il ruolo dell’osservazione è proprio quello di spingere la profondità visiva alla sua massima estensione e di smarrire, sostanzialmente, quella singolare capacità di procedere lungo la distanza che separa il guardare dentro e il guardare fuori. L’intera superficie delle immagini è racchiusa in un principio di dissolvenza cromatica che presuppone una certa densità dell’atmosfera, uno spessore d’aria interposto tra le cose, con esplicito riferimento allo sfumato leonardesco. Lieve oscillazione tra toni, tra definito e indefinito, tra certezze e incertezze, in cui il cangiantismo applicato all’idea di paesaggio, è ora parafrasi di unità di misura della distanza. Per orientarsi nella moltitudine, per liberarsi dalla foschia. È la luce a condurre in queste terre di nessuno.
Ispirato ad un concetto fisico, il titolo dell’opera – L’orizzonte degli eventi – nella teoria della relatività generale è la superficie che circonda la singolarità di un buco nero, e che può essere attraversata solo dall’esterno verso l’interno, in modo tale che nessun segnale o corpo materiale possa uscire dalla regione da essa circoscritta. Si tratta di un orizzonte a tutti gli effetti, ovvero di qualcosa di non raggiungibile e che si allontana all’avvicinarsi di un osservatore, esattamente come l’orizzonte terrestre.

Case départ. 2017/IN CORSO
Collage digitale | serie fotografica | dimensioni variabili
Fotografie di territori sconosciuti trovate in un vecchio album di viaggio, sfidano la teoria gravitazionale trasformandosi, grazie alla tecnica del collage digitale, in paesaggi che non sembrano sentire il proprio peso. Come poli opposti di una calamita, porzioni di una stessa immagine si attraggono e si agganciano a vicenda fino a trovare un baricentro in comune per restare in equilibrio. La rotazione a 360° si fa metafora di una continua mobilità, riportando assiduamente ogni corpo al punto di partenza. Si tratta di piccoli spazi in cui non esiste caduta, meteore terrestri che ospitano realtà ribaltate dove la vita procede parallela, ma senza mai incontrarsi.
Case départ in francese significa “punto di partenza”, ed è la scritta che si trova sulla prima casella dei giochi da tavolo. La scelta del titolo fa riferimento al percorso circolare condotto dalle immagini, le cui posizioni assunte nello spazio passano sempre per quella iniziale e da essa ripartono all’infinito, come scandite da un ritmo che resta invariato nel tempo.

Stardust. 2017
Polvere e intonaco su lastre di plexiglass, inchiostro | scansione
Il desiderio dell’infanzia di esplorare lo spazio si traduce in una riflessione cosmica ed introspettiva suggerita dalla rappresentazione del trascorrere del tempo. La polvere depositata in diversi angoli delle stanze di casa per un certo periodo di tempo, viene unita a frammenti d’intonaco, raccolta e distribuita casualmente su alcune lastre di plexiglass inchiostrate, quindi fissata e scannerizzata. La scansione delle lastre, restituisce altra forma alla materia che appare come una carta astronomica di una lontana galassia. L’occhio viene proiettato all’interno di una visione celestiale punteggiata da stelle luminose che sembrano disegnare costellazioni immaginarie sparse tra ammassi di nebulose, differenziate per consistenza e quantità. La ricerca di una lontananza spazio-temporale trova compimento in un viaggio illusorio, che parte dalla dimensione microcosmica dell’ambiente domestico fino a raggiungere quella macrocosmica e smisurata dell’universo. Gli ingrandimenti di ciò che è infinitamente minuto si trasformano in ampie finestre aperte sull’oscurità del cielo notturno, oblò interposti tra un qui e un altrove, tra un dentro ed un fuori, fingendo la tridimensionalità attraverso un trompe-l’œil eseguito senza l’uso della macchina fotografica. Portando alla luce i resti della quotidianità, la polvere regala porzioni di uno spettacolo inaspettato e inconsapevole, offrendo la possibilità di fare un viaggio interstellare in cui il tempo non esiste e lo spazio è in mutamento, in continua espansione. La perfetta simulazione del mondo fisico dà vita ad un sottile gioco di rimandi tra realtà e illusione percettiva, nella quale l’uomo si perde e perde a sua volta le limitazioni imposte dal mondo fenomenologico.
Note: The text above was written by the Artist. No modification was made by C.O.C.A.
Elena Grossi, nata a Montecchio Emilia (RE) nel 1994, è una giovane artista laureata in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. La sua ricerca artistica è incentrata sull’osservazione, sull’esplorazione e sull’analisi della realtà al fine di costruire una dimensione personale in cui tutto viene stravolto e trasfigurato attraverso la forza dell’immaginazione. Il suo lavoro risponde al desiderio di rintracciare la lontananza spazio-temporale che conduce all’origine delle cose, di indagare ogni loro aspetto e di stabilire un rapporto empatico con esse. I suoi sistemi di rappresentazione sono prevalentemente collage digitali, scansioni o riusi poetici della fotografia, piuttosto che tecniche artistiche tradizionali.